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Kuzu, un gastroprotettore naturale

Bruciori di stomaco, reflusso gastroesofageo, ernia iatale: i disturbi a carico dell’apparato digerente superiore sono molto frequenti nella popolazione. E sono migliaia i pazienti a dover condurre una vita in compagnia di inibitori di pompa protonica o di antiacidi, pur di evitare i fastidi – a volte anche decisamente gravi – dei loro disturbi. Un aiuto però arriva anche da una pianta orientale: il kuzu o kudzu, un gastroprottettore naturale.

Il nome scientifico è quello di Pueraria lobata ed è una pianta rampicante di montagna originaria del Giappone. Da sempre utilizzato nella medicina tradizionale e in erboristeria, il kuzu può essere un valido rimedio naturale per lo stomaco e altre patologie. Ma come si usa e quali sono i suoi specifici effetti?

Le proprietà

Il kuzu è una pianta estremamente longeva e forte: può vivere fino a 100 anni e cresce addirittura sulle rocce, anche quando il terriccio a disposizione è molto limitato. Nonostante gli splendidi fiori dal viola al blu, a scopi terapeutici non vengono usati né i petali né la pianta, bensì le radici. Da queste si estrae infatti un particolare amido, con cui viene quindi realizzata una bianchissima fecola. La consistenza è simile alla farina o proprio alla fecola di patate e, date le sue sue proprietà fisiche, non solo ha un’altissima solubilità in acqua, ma il kuzu viene facilmente digerito dallo stomaco e assorbito dall’intestino. Il composto pare contenga alte concentrazioni di isoflavoni come la daidzeina, un antinfiammatorio, antimicotico e antitumorale naturale.

La fecola poc’anzi citata ha un forte effetto alcalinizzante, ovvero previene l’acidosi soprattutto a livello di sangue e dei succhi gastrici. Utilizzato nella cucina giapponese come addensante e vellutante per zuppe, minestre e passati di verdura, sin da tempi antichi è impiegato anche per la cura di malanni minori. La tradizione vuole il kuzu come alimento di base per ritrovare le energie, ma è soprattutto l’effetto tampone sullo stomaco ad averlo reso popolare in tutto il mondo.

Le patologie

Così come già accennato, il kuzu esplica i suoi effetti benefici soprattutto a livello di stomaco, prevenendo però tutte le irritazioni a carico dell’apparato digerente dal cavo orale al retto. Di seguito alcune delle applicazioni più frequenti per tipologia di disturbo:

  • Acidità di stomaco: con il suo effetto tampone, il kuzu assorbe i succhi gastrici in eccesso dando immediato sollievo da dolore e bruciori, riducendo quindi le recidive in caso di blanda ulcera;
  • Reflusso gastroesofageo: grazie alle sue proprietà antiacide, previene la salita dei succhi nell’esofago e la loro propagazione nelle vie respiratorie, dando immediato sollievo soprattutto ai pazienti portatori di ernia iatale;
  • Stitichezza: stimola la morbidezza delle feci al pari di una nutrizione ricca di fibre, sbloccando quindi gli stati di stitichezza cronica;
  • Dissenteria: l’effetto tampone si estende anche all’intestino, dove non solo allevia l’irritazione di color e retto, ma aiuta anche ad aumentare la consistenza delle feci e a trattenere l’acqua in caso di diarrea;
  • Febbre: il kuzu sarebbe anche in grado di diminuire la temperatura negli stati febbrili connessi all’influenza;
  • Stanchezza: l’amido presenta anche specifiche proprietà per il recupero dell’energia e del buon equilibrio psicofisico, quindi è consigliato in primavera o nei cambi di stagione, quando il corpo fatica ad adattarsi ai repentini cambiamenti climatici.

Per le modalità d’assunzione si faccia riferimento al proprio erborista di fiducia e, ovviamente, anche al medico curante per conoscere eventuali interazioni con i farmaci contro l’acidità di stomaco. In genere, si versano uno o due cucchiaini di kuzu in un bicchiere d’acqua, si porta il tutto a ebollizione finché l’amido non si è sciolto e si consuma a piccoli sorsi, anche più volte nell’arco della giornata.

Il kuzu in cucina

Nella cucina giapponese, il kuzu viene usato come addensante e vellutante soprattutto per zuppe, minestre e passati di verdura, ma anche per sughi, dolci, gelati e composte. La proporzione da utilizzare è 10g di kuzu ogni 100 ml di liquido ma molto dipende dalla consistenza che vorrete ottenere, con queste dosi riuscirete ad ottenere un buono stato di gelificazione, per addensare ne potrà servire anche molto meno. Il kuzu, infatti, serve non solo ad addensare ma anche a gelificare per creare budini. In questo ultimo caso la consistenza che si ottiene è morbida e non gelatinosa (come può accadere nel caso dell’agar). Per ottenere l’effetto gelificante, una volta stemperata la polvere nel liquido a temperatura ambiente, aggiungetelo in cottura alla vostra preparazione e poi lasciate raffreddare prima a temperatura ambiente e poi in frigorifero per almeno un paio d’ore. In commercio troverete il kuzu sia in polvere che in blocchetti gessosi: in questo ultimo caso, prima di utilizzarlo polverizzatelo con un mortaio da cucina. Il kuzu può essere aggiunto anche a cottura ultimata, a verdure e frutta frullate conferendo ai piatti una consistenza vellutata. Nel caso della frutta, per esempio, questo amido ha la caratteristica di renderla più digeribile anche per gli intestini più deboli.

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